Veritas liberabit vos

"La verità vi renderà liberi" Dalle parole di Gesù nel Vangelo di Giovanni (8,32), una delle più potenti affermazioni sulla verità spirituale.

  • L’esplosione di una supernova, ciò che vediamo dal nostro pianeta in realtà è accaduto centinaia di anni prima che noi venissimo alla “luce”. La relatività della nostra esistenza ci fa capire meglio l’eternità del divino.



    L’Eternità Divina e la Relatività del Tempo

    Quando scienza e fede si incontrano

    «E Dio disse: “Sia la luce!” E la luce fu» (Genesi 1:3)

    Il Tempo di Dio e il Tempo dell’Uomo

    Quando nel 1905 Albert Einstein pubblicò la sua teoria della relatività ristretta, il mondo scientifico fu scosso da una rivoluzione copernicana: il tempo non era più quella grandezza assoluta e immutabile che Newton aveva descritto, ma una dimensione elastica, capace di dilatarsi e contrarsi secondo la prospettiva dell’osservatore¹. Un minuto sulla Terra potrebbe durare ore in prossimità di un buco nero, dimostrando come persino ciò che consideriamo universale sia, in realtà, profondamente relativo.

    Se questa verità scientifica ci stupisce, quanto più dovrebbe farci riflettere sulla natura di Dio, che non è semplicemente nel tempo, ma esiste oltre il tempo, in quella dimensione che chiamiamo eternità. Come scriveva il teologo Karl Barth: “Dio ha tempo per noi. Ma il suo tempo, il tempo di Dio, non ha nulla in comune con il nostro”². Per l’Eterno, passato, presente e futuro coesistono in un eterno presente, e la Sua parola creatrice non è vincolata alla sequenza cronologica che sperimentiamo.

    Sant’Agostino, con straordinaria intuizione, già nel IV secolo comprendeva questa verità nelle sue Confessioni:

    Che cosa faceva Dio prima di creare il cielo e la terra? […] Non c’era un ‘prima’ quando non esisteva il tempo“³

    Il grande dottore della Chiesa aveva intuito che i sette giorni della creazione non erano periodi di ventiquattr’ore terrestri, ma rappresentazioni simboliche della perfezione dell’opera divina. Secoli dopo, anche San Tommaso d’Aquino avrebbe affermato che “presso Dio non vi è successione temporale”⁴.

    L’apostolo Pietro, illuminato dallo Spirito, sintetizzava mirabilmente questo concetto: «Davanti al Signore un giorno è come mille anni e mille anni come un giorno» (2 Pietro 3:8), eco del Salmo 90:4 che recita: “Ai tuoi occhi, mille anni sono come il giorno di ieri che è passato”.

    L’Amore Come Legge Universale

    Ma c’è una verità ancora più profonda che emerge quando contempliamo l’intersezione tra scienza e fede. Quando Cristo pronunciò le parole “Amerai il prossimo tuo come te stesso” (Marco 12:31), non stava semplicemente enunciando un precetto morale tra i tanti. Stava rivelando quella che potremmo definire la legge fondamentale della sociologia divina.

    Il filosofo Emmanuel Levinas ha magistralmente articolato come l’etica del volto dell’altro sia il fondamento stesso della filosofia⁵. Ma Cristo va oltre: l’amore del prossimo non è solo etica, è la struttura portante dell’universo sociale. Come la costante gravitazionale regola l’attrazione tra i corpi celesti, così l’amore – inteso come rispetto profondo, empatia attiva e giustizia sociale – costituisce la forza che permette alle società umane di prosperare.

    Questa non è mera speculazione filosofica. Gli studi sociologici dimostrano costantemente che le società con maggiore coesione sociale, fiducia reciproca e sistemi di welfare sviluppati presentano i più alti indici di benessere e felicità⁶. Robert Putnam, nel suo celebre studio “Bowling Alone”, ha documentato come il declino del capitale sociale porti inevitabilmente al deterioramento della qualità della vita⁷.

    La Tragedia della Distorsione Istituzionale

    Eppure, proprio qui si manifesta il paradosso più doloroso del nostro tempo. Dietrich Bonhoeffer, teologo martire del nazismo, denunciava come la “grazia a buon mercato” fosse diventata il nemico mortale della Chiesa⁸:

    “La grazia a buon mercato è la grazia senza sequela, la grazia senza croce, la grazia senza Gesù Cristo vivente e incarnato”

    Le istituzioni religiose, chiamate a essere custodi di questa verità trasformativa, troppo spesso la tradiscono. Il dispensazionalismo contemporaneo – quella teologia che divide la storia in “dispensazioni” divine – viene strumentalizzato per giustificare violenze e oppressioni che contraddicono frontalmente il comandamento dell’amore universale⁹.

    Come osservava acutamente Søren Kierkegaard:

    “Il cristianesimo del Nuovo Testamento non esiste più. […] Ciò che oggi si chiama cristianesimo è precisamente ciò contro cui Cristo ha predicato”¹⁰

    La fede, che nelle parole di Paolo dovrebbe renderci “liberi davvero” (Galati 5:1), diventa catena. Il messaggio che Cristo intendeva come ponte tra tutti gli esseri umani viene distorto per erigere muri e legittimare conflitti.

    Il Peso della Consapevolezza

    Quando si giunge a vedere con chiarezza cristallina questo scarto tra il messaggio originario e le sue manipolazioni, il dolore può diventare quasi insopportabile. È il dolore di cui parlava l’Ecclesiaste “Chi accresce la scienza, accresce il dolore” (Ecclesiaste 1:18).

    Simone Weil, filosofa e mistica, descriveva questa esperienza come “l’afflizione” (malheur), uno stato in cui l’anima tocca simultaneamente la verità più alta e la realtà più brutale¹¹. È il momento in cui tutto sembra perdere consistenza, in cui l’acedia – quella notte oscura dell’anima di cui parlava San Giovanni della Croce – minaccia di inghiottire ogni significato¹².

    Tuttavia, proprio in questo apparente vuoto si cela una rivelazione. Se tutto ci appare privo di senso quando la legge fondamentale dell’amore viene violata, significa che abbiamo intuito quanto essa sia essenziale per l’esistenza umana. Come scriveva Viktor Frankl, sopravvissuto ai campi di concentramento:

    “Chi ha un perché per vivere può sopportare quasi ogni come”¹³

    Navigare tra le Acque della Complessità

    La sfida del credente pensante nel XXI secolo consiste nel mantenere salda questa bussola interiore mentre naviga tra Scilla e Cariddi: da un lato il fondamentalismo che pietrifica la fede, dall’altro il relativismo che la dissolve.

    Paul Tillich parlava del “coraggio di essere” come della capacità di affermare se stessi nonostante l’ansia del non-essere¹⁴. Nel nostro contesto, potremmo parlare del coraggio di credere nonostante le distorsioni istituzionali, del coraggio di amare nonostante l’odio imperante, del coraggio di sperare nonostante le evidenze contrarie.

    Come Giobbe, che di fronte al mistero incomprensibile della sofferenza osò dire: “Anche se mi uccidesse, io spererei in lui” (Giobbe 13:15), siamo chiamati a mantenere viva la tensione tra il già e il non-ancora del Regno.

    La Luce che Non Si Spegne

    Così, oggi come nel primo giorno della creazione, la Parola divina continua a risuonare nel caos: “Sia la luce!” Non è solo la luce fisica che illumina l’universo, ma quella luce interiore di cui parlava il Quarto Vangelo: “La luce splende nelle tenebre e le tenebre non l’hanno vinta” (Giovanni 1:5).

    È la luce della coscienza che riconosce la verità anche quando è scomoda. È la luce dell’amore che continua a brillare anche quando sembra inutile. È la luce della speranza che persiste anche quando tutto sembra perduto.

    Come scriveva Pierre Teilhard de Chardin, gesuita e scienziato:

    Non siamo esseri umani che vivono un’esperienza spirituale. Siamo esseri spirituali che vivono un’esperienza umana“¹⁵

    In questa prospettiva, la relatività del tempo di Einstein e l’eternità di Dio non sono in contraddizione, ma si illuminano reciprocamente. La scienza ci mostra la complessità del creato, la fede ci dona il senso ultimo. E al centro di entrambe, come asse portante dell’universo, sta quella legge fondamentale dell’amore che Cristo ha rivelato e incarnato.


    Note e Riferimenti

    Teilhard de Chardin, P. (1955). Le Phénomène Humain. Éditions du Seuil.

    Einstein, A. (1905). Zur Elektrodynamik bewegter Körper. Annalen der Physik.

    Barth, K. (1957). Church Dogmatics, Vol. II/1. T&T Clark.

    Sant’Agostino (397-400 d.C.). Confessiones, Libro XI, Cap. 13.

    San Tommaso d’Aquino. Summa Theologiae, I, q. 10, a. 1.

    Levinas, E. (1961). Totalité et Infini. Nijhoff.

    Helliwell, J. F., Layard, R., & Sachs, J. (2023). World Happiness Report. UN Sustainable Development Solutions Network.

    Putnam, R. D. (2000). Bowling Alone: The Collapse and Revival of American Community. Simon & Schuster.

    Bonhoeffer, D. (1937). Nachfolge. Chr. Kaiser Verlag.

    Sizer, S. (2004). Christian Zionism: Road Map to Armageddon?. IVP Academic.

    Kierkegaard, S. (1855). Attack Upon Christendom. Princeton University Press.

    Weil, S. (1947). La Pesanteur et la Grâce. Plon.

    San Giovanni della Croce (1578-1579). La Noche Oscura del Alma.

    Frankl, V. E. (1946). Man’s Search for Meaning. Beacon Press.

    Tillich, P. (1952). The Courage to Be. Yale University Press.

  • “Siamo tutti strumenti, la questione è solo di chi o di cosa.” – C.S. Lewis

    Una Vittima del Sistema: La Tragedia di Charlie Kirk

    L’assassinio di Charlie Kirk, avvenuto il 10 settembre 2025 presso la Utah Valley University di Orem, rappresenta una tragedia che ci invita a un esame di coscienza profondo sulla natura della nostra testimonianza cristiana¹.

    Kirk è stato colpito mortalmente al collo da un cecchino durante quello che doveva essere il primo evento del suo “American Comeback Tour”². Il tiratore, Tyler James Robinson di 22 anni, ha sparato da una distanza di circa 142 metri prima di fuggire, scatenando una caccia all’uomo durata 33 ore che si è conclusa con il suo arresto il 12 settembre³.

    La vicenda di Kirk ci confronta con una tentazione antica quanto la Chiesa stessa: la seduzione di credere che servire una causa politica equivalga a servire meglio Cristo. È una trappola in cui molti di noi potrebbero cadere, mossi dalle migliori intenzioni ma accecati da quella che Simone Weil chiamava la più pericolosa delle illusioni: “Nulla corrompe la religione più del suo uso come strumento. Chi crede di servire Dio mentre serve cause terrene vive nella più pericolosa delle illusioni”.

    È un meccanismo sottile che Martin Buber aveva identificato: “Nulla tradisce Dio più efficacemente del credente che Lo riduce a strumento delle proprie convinzioni”. La morte di Kirk ci ricorda che quando mescoliamo la nostra fede con passioni politiche, rischiamo di diventare inconsapevoli strumenti di forze che vanno oltre la nostra comprensione.

    Kirk credeva sinceramente di difendere valori cristiani, ma si era lasciato trascinare – come può accadere a ciascuno di noi – in una retorica sempre più polarizzante, genesi di un vortice estremo di violenza. La rapidità con cui la sua morte è stata strumentalizzata politicamente dovrebbe farci riflettere: quando la nostra testimonianza diventa così identificata con una parte politica da poter essere immediatamente utilizzata per alimentare divisione anziché riconciliazione, non abbiamo forse tradito il messaggio stesso di Cristo?

    Il Tranello della Politicizzazione della Fede

    Charlie Kirk rappresentava una generazione di cristiani che, animati dal desiderio genuino di testimoniare la propria fede nella sfera pubblica, rischiano di diventare inconsapevoli pedine di dinamiche che li trascendono. È un pericolo che riguarda tutti noi, indipendentemente dalle nostre convinzioni politiche.

    Il Vangelo di Matteo ci ammonisce: “Nessuno può servire due padroni… Non potete servire Dio e il mondo” (Matteo 6:24). Quanto è facile per noi credenti convincerci di servire Dio quando in realtà stiamo servendo interessi molto più terreni? È la tentazione di molti cristiani sinceri: partire con intenzioni pure e ritrovarsi gradualmente intrappolati in logiche che contraddicono il Vangelo stesso.

    Søren Kierkegaard, nel suo Diario, aveva previsto questo pericolo: “Il cristianesimo della cristianità è esattamente l’opposto del cristianesimo del Nuovo Testamento”. Quanti di noi, convinti di difendere il cristianesimo, finiscono per servire quella “cristianità” politicizzata che usa i simboli cristiani per fini mondani?

    Durante i suoi viaggi in Israele, Kirk aveva espresso posizioni che riflettevano una visione semplificata di questioni estremamente complesse. In un’occasione documentata, arrivò a mettere in dubbio l’esistenza stessa della Palestina⁴, mentre durante un dibattito del maggio 2025 giustificò la guerra di Gaza dichiarando: *”Quando dichiari guerra a Israele, aspettati una tempesta di fuoco in risposta”*⁵.

    Questa visione, probabilmente sinceramente creduta, era stata dettata dal dispensazionalismo, una dottrina teologica relativamente recente (XIX secolo) che trasforma complesse questioni geopolitiche in semplici battaglie tra bene e male. Il dispensazionalismo rappresenta una delle più sottili falsificazioni del messaggio biblico, riuscendo a strumentalizzare la Parola per giustificare automaticamente le controversie geopolitiche del Medio Oriente contemporaneo.

    Questa teologia riduce la ricchezza profetica delle Scritture a una mappa politica moderna, trasformando promesse spirituali in diritti territoriali, sostituendo l’universalità del Vangelo con particolarismi nazionalistici. È una tentazione che può sedurre molti credenti sinceri: preferire narrazioni teologicamente semplici che ci dispensino dal confrontarci con la complessità della giustizia, della misericordia e della riconciliazione che il Vangelo ci chiama a vivere.

    Kirk non aveva inventato questa interpretazione biblica – l’aveva ereditata da un ambiente che confonde sistematicamente la fedeltà alle Scritture con la lealtà a specifiche cause geopolitiche. È così che secoli di storia, conflitti, ingiustizie reciproche e sofferenze che richiederebbero discernimento spirituale, compassione e ricerca della pace, vengono ridotti a slogan teologici che giustificano posizioni politiche predeterminate.

    L’Ipocrisia della Libertà: Il Caso Francesca Albanese

    Ma se la tragedia di Kirk ci mostra dove può condurre la politicizzazione della fede, il caso di Francesca Albanese svela l’ipocrisia sistemica che ne deriva.

    Il 9 luglio 2025, gli Stati Uniti hanno compiuto un atto senza precedenti: hanno sanzionato economicamente la Relatrice Speciale ONU per i territori palestinesi occupati⁶. L’Ufficio per il Controllo degli Averi Stranieri del Tesoro americano ha aggiunto “ALBANESE, Francesca Paola” alla lista dei Cittadini Specialmente Designati⁷, motivando le sanzioni con il fatto che avesse *”direttamente collaborato con la Corte Penale Internazionale negli sforzi di investigare, arrestare, detenere o perseguire cittadini degli Stati Uniti o di Israele”*⁸.

    Qui emerge una contraddizione che dovrebbe farci riflettere: come possiamo conciliare la celebrazione della “libertà cristiana” con il silenziamento di chi denuncia ingiustizie, specialmente quando tra le vittime ci sono anche innocenti bambini? Non è questa una forma di cecità selettiva che potrebbe colpire tutti noi quando le nostre lealtà politiche offuscano la nostra capacità di discernimento morale?

    Dietrich Bonhoeffer ci aveva avvertiti: “Il silenzio di fronte al male è esso stesso male. Non parlare è parlare. Non agire è agire”. La domanda che dovremmo porci è: quando le nostre convinzioni politiche ci impediscono di vedere o denunciare il male, non rischiamo forse di diventare complici di quel male stesso?

    La reazione internazionale è stata significativa: Amnesty International ha definito le sanzioni *”un attacco sfacciato ai principi fondamentali della giustizia internazionale”*⁹, mentre centododici organizzazioni internazionali hanno denunciato quello che chiamano “intimidazione” progettata per silenziare le voci della verità¹⁰. Le Nazioni Unite hanno chiesto la revoca delle sanzioni¹¹, definendole “un precedente pericoloso”.

    Eppure, nel mondo evangelico politicizzato, queste sanzioni sono state applaudite come difesa dei “valori cristiani”. Ma quali valori cristiani possono giustificare il silenziamento di chi cerca verità e giustizia?

    I Nuovi Farisei

    Le parole più dure di Gesù furono riservate ai Farisei: “Guai a voi, scribi e farisei ipocriti! Siete simili a sepolcri imbiancati: belli di fuori, ma dentro pieni di ossa di morti e di ogni putredine” (Matteo 23:27). Ma dovremmo chiederci: quanto di noi stessi riconosciamo in questo ritratto?

    Il pericolo del fariseismo non riguarda solo “gli altri” – è una tentazione che minaccia ogni credente che si identifica troppo strettamente con cause politiche. Quando la nostra fede diventa indistinguibile dal nostro orientamento politico, quando benediciamo automaticamente le azioni dei “nostri” e condanniamo altrettanto automaticamente quelle degli “altri”, non rischiamo forse di trasformare il messaggio di Cristo in manifesto di parte?

    Kierkegaard aveva diagnosticato questo pericolo: “Quando il potere si allea con il cristianesimo, il cristianesimo diventa il contrario di se stesso”. È un avvertimento che dovrebbe farci tremare, perché la tentazione del potere – politico, sociale, culturale – può sedurre chiunque.

    L’evangelicalismo politico ha spesso capovolto la missione di Cristo dichiarata in Luca: “Lo Spirito del Signore è sopra di me; per questo mi ha consacrato con l’unzione e mi ha mandato a portare ai poveri il lieto annuncio, a proclamare ai prigionieri la liberazione” (Luca 4:18). Ma questa inversione non è monopolio di una sola parte politica – è un rischio che corre chiunque subordini il Vangelo a cause terrene.

    Lo Schema Ricorrente della Storia

    La vicenda di Kirk ci offre l’occasione per una riflessione più ampia su un fenomeno che attraversa tutta la storia umana: la tendenza del cuore umano a strumentalizzare la religione per fini politici, causando spesso le più grandi tragedie dell’umanità.

    Dalla cristianizzazione dell’Impero Romano sotto Costantino, che trasformò la fede perseguitata in religione di stato, alle Crociate medievali che ammantarono di sacralità conquiste territoriali, dalla benedizione divina rivendicata dai conquistadores spagnoli nelle Americhe alle guerre di religione che insanguinarono l’Europa per secoli, la storia ci mostra ripetutamente come la sincera devozione religiosa possa essere deviata verso scopi che contraddicono l’essenza stessa del messaggio divino.

    Nel ventesimo secolo abbiamo visto cristiani tedeschi benedire il nazismo, cristiani americani giustificare la schiavitù e la segregazione razziale, cristiani sudafricani sostenere l’apartheid – tutti convinti, in buona fede, di servire una causa giusta. In ogni caso, persone sinceramente religiose si sono ritrovate, attraverso graduali compromessi e accecamenti, a servire sistemi che calpestevano la dignità umana.

    La polarizzazione politica che caratterizza l’America contemporanea non fa eccezione a questo schema millenario. Quando i cristiani di qualsiasi orientamento politico credono che la loro parte rappresenti lo strumento privilegiato di Dio per la salvezza del mondo, quando confondono il Regno dei Cieli con regni terreni, quando trasformano preferenze politiche in verità sacre, stanno ripetendo l’antico errore che ha sempre portato la Chiesa lontana dal suo Signore.

    La lezione della storia è chiara: ogni volta che la fede si subordina alla politica, ogni volta che il Vangelo viene ridotto a programma di partito, ogni volta che identifichiamo la volontà di Dio con i nostri interessi terreni, finiamo per tradire proprio ciò che crediamo di servire. Non è un problema di destra o di sinistra, di conservatori o progressisti: è il problema eterno del cuore umano che cerca di fare di Dio il proprio alleato invece di diventare alleato di Dio.

    L’Ignoranza che Ci Minaccia Tutti

    Tutti noi rischiamo di cadere nella trappola di quello che potremmo chiamare un’ignoranza compiacente – non semplice mancanza di conoscenza, ma la tendenza a cercare solo informazioni che confermino le nostre convinzioni preesistenti. È così facile rinchiudersi in ambienti informativi dove il dubbio viene scoraggiato e la domanda vista come segno di debolezza spirituale.

    Pascal aveva compreso questo meccanismo della natura umana: “È pericoloso far vedere all’uomo quanto sia simile alle bestie, senza mostrargli la sua grandezza. È altrettanto pericoloso fargli vedere la sua grandezza senza la sua bassezza”. Quando crediamo di essere dalla parte giusta, quanto diventiamo ciechi alle nostre proprie contraddizioni e debolezze?

    Alcune teologie possono fornire giustificazioni per questa cecità volontaria, facendoci sentire parte di un grande piano divino mentre in realtà ci rendono strumenti inconsapevoli di agende molto più terrene. È una tentazione sottile: le azioni dei “nostri” diventano automaticamente benedette, non per convinzione ragionata ma per lealtà emotiva.

    Questo bypassa l’imperativo evangelico della giustizia. La Lettera di Giacomo ci ricorda: “La religione pura e senza macchia davanti a Dio Padre è questa: visitare gli orfani e le vedove nelle loro sofferenze e non lasciarsi contaminare da questo mondo” (Giacomo 1:27). Quanto è facile credere di praticare religione pura mentre permettiamo che le logiche del potere mondano contaminino impercettibilmente la nostra testimonianza?

    La Crisi della Testimonianza Che Ci Riguarda Tutti

    Il contrasto tra Kirk e Albanese ci offre uno specchio in cui osservare le nostre stesse contraddizioni. Kirk, cristiano sincero, era diventato strumento di polarizzazione politica, pagando il prezzo ultimo di dinamiche che forse non comprendeva appieno. Albanese, voce della verità sull’ingiustizia, viene perseguitata da quelli che si proclamano difensori dei valori cristiani.

    Questa tragedia dovrebbe essere un monito per tutti noi credenti: quanto è facile, partendo dalle migliori intenzioni, ritrovarsi a servire cause che contraddicono il Vangelo? I meccanismi della seduzione sono sottili: presentano le battaglie politiche come guerre sante, trasformano la devozione sincera in strumento di divisione.

    Dietrich Bonhoeffer aveva compreso questo pericolo: “Quando Cristo chiama un uomo, gli chiede di venire e morire”. Ma la morte di cui parlava era quella dell’ego, della volontà di potenza, non quella fisica causata dalle spirali di odio politico. Quanto spesso confondiamo il morire a noi stessi con il combattere contro gli altri?

    La Prima Lettera di Giovanni ci ricorda: “Chi dice di essere nella luce e odia suo fratello, è ancora nelle tenebre” (Prima Giovanni 2:9). L’odio sistematico verso i “nemici politici” – chiunque essi siano – dovrebbe farci riflettere: non rischiamo forse di camminare nelle tenebre spirituali credendo di essere nella luce?

    Il Ritorno all’Essenza Evangelica

    Di fronte a questa complessità, emerge l’urgenza di riscoprire l’essenza del messaggio evangelico. Non il cristianesimo che si allea con i potenti, ma quello che testimonia la verità anche quando è scomodo, anche quando costa.

    Il richiamo è semplice quanto difficile da vivere: Gesù non si è schierato nell’arena politica del suo tempo. Non ha scelto tra zeloti e collaborazionisti, tra farisei e sadducei. Il Regno di Dio trascende le nostre categorie politiche. Quanto è difficile per noi accettare che Cristo non benedice automaticamente le nostre preferenze politiche?

    Sant’Agostino, nella Città di Dio, distingueva chiaramente: “Due amori hanno costruito due città: l’amore di sé fino al disprezzo di Dio ha costruito la città terrena; l’amore di Dio fino al disprezzo di sé ha costruito la città celeste”. La domanda che dovremmo porci è: quale città stiamo davvero servendo?

    L’invito all’umiltà – “Imparate da me, che sono mite e umile di cuore” (Matteo 11:29) – suona come richiamo per tutti noi che rischiamo di lasciarci trascinare dall’arroganza mascherata da zelo religioso. La mitezza di Cristo contrasta radicalmente con la violenza retorica che spesso caratterizza il dibattito politico contemporaneo.

    Una Scelta di Civiltà per Tutti Noi

    La tragedia di Charlie Kirk e la persecuzione di Francesca Albanese ci pongono di fronte a una scelta fondamentale. Non si tratta di condannare questa o quella parte politica, ma di interrogarci onestamente: stiamo servendo il Regno di Dio o stiamo permettendo che la nostra fede venga strumentalizzata per fini terreni?

    La storia di Kirk dovrebbe farci tremare: quanti di noi, convinti di essere fedeli seguaci di Cristo, rischiamo di diventare inconsapevoli pedine di giochi che contraddicono il Vangelo? È una possibilità che riguarda tutti, indipendentemente dalle nostre convinzioni politiche.

    Kierkegaard aveva profetizzato questo momento: “Il cristianesimo del Nuovo Testamento semplicemente non esiste. Milioni di persone attraverso i secoli si sono illuse chiamando cristianesimo qualcosa che non lo è”. Non è un’accusa verso gli altri, ma un avvertimento per tutti noi: quanto del nostro “cristianesimo” è davvero fedele al Nuovo Testamento?

    Pascal ci lascia un monito che dovrebbe accompagnare ogni nostro esame di coscienza: “L’uomo non è né angelo né bestia, e il guaio è che chi vuol fare l’angelo fa la bestia”. Quando crediamo di essere angeli della verità, quanto rischiamo di comportarci come bestie verso chi la pensa diversamente?

    La sfida per tutti noi cristiani è chiara: riappropriarci del Vangelo nella sua purezza, al di là delle strumentalizzazioni politiche. Significa avere il coraggio di difendere la verità e la giustizia anche quando non conviene politicamente. Significa riconoscere che il Cristo dei poveri e degli oppressi non può essere ridotto a mascotte di nessun partito o movimento.

    Come ammonisce l’Apocalisse: “Conosco le tue opere: tu non sei né freddo né caldo. Magari tu fossi freddo o caldo! Ma poiché sei tiepido, non sei cioè né freddo né caldo, sto per vomitarti dalla mia bocca” (Apocalisse 3:15-16). Il cristianesimo tiepido che benedice selettivamente, che ama condizionatamente, che testimonia opportunisticamente, è destinato al rigetto divino.

    Il tempo della scelta è giunto per tutti noi: scegliere il Vangelo nella sua radicalità trasformativa, riconoscendo le nostre debolezze e le nostre tentazioni di compromesso. La storia di Kirk ci insegna che non esistono vie di mezzo: chi pensa di poter servire contemporaneamente Dio e il potere politico finisce inevitabilmente per fallire, anche partendo dalle migliori intenzioni.

    Il male non risiede in persone particolarmente cattive, ma nella fragilità della condizione umana che ci rende tutti vulnerabili alla seduzione del potere, dell’orgoglio, della vendetta mascherata da giustizia. Solo riconoscendo questa fragilità possiamo sperare di rimanere fedeli al Vangelo in un mondo che costantemente ci tenta ad utilizzare la fede per fini che le sono estranei.

    Il sangue di Kirk grida dal suolo. Non vendetta, ma conversione. Non contro i suoi avversari, ma contro la tentazione – presente in ogni cuore umano – di trasformare il Cristo vivente in idolo politico. Che la sua morte non sia vana, ma ci risvegli all’urgenza di testimoniare un Vangelo che non conosce partiti, che non benedice violenze, che non giustifica oppressioni.

    Solo così potremo dire con l’apostolo Paolo: “Non sono più io che vivo, ma Cristo vive in me” (Galati 2:20). Non il Cristo delle nostre proiezioni politiche, ma il Cristo crocifisso e risorto, scandalo per i Giudei e stoltezza per i pagani, ma per noi che siamo chiamati, potenza di Dio e sapienza di Dio.


    Note e Riferimenti

    1-3. Fonti primarie sull’assassinio di Kirk: CNN Politics, CBS News, CNN Live Updates (settembre 2025)

    4-5. Al Jazeera: “Who was Charlie Kirk? What we know about the shooting and the suspect” (11 settembre 2025)

    6-8. Documentazione ufficiale: US Treasury OFAC, US Department of State (luglio 2025)

    9-12. Reazioni internazionali: Amnesty International, International Commission of Jurists, UN News, OHCHR (2025)